Michela Luraschi, candidata al Consiglio Comunale , lista 2 N. 42
La pandemia è arrivata nell’anno delle donne: quando i valori femministi sono stati condivisi tra aree di pensiero diverse, quando i 50 anni dal suffragio in Svizzera, quando le scarpe rosse in piazza per dire basta alla violenza di genere. Ecco, in questo periodo storico importante per i diritti delle donne, dove si è tornato a parlare di differenza salariale, di strade ancora lunghe da percorrere, le donne sono state nuovamente una vittima bersaglio di questo virus: non dal punto di vista biologico né clinico, ma sociale ed economico. In particolare per quelle donne che svolgono lavori precari, di assistenza, di cura, nelle case, attività che richiedono vicinanza, il toccare: lavori che sono stati all’improvviso cancellati (temporaneamente) dalla pandemia. E poi si sa, quando si riparte, dei cambiamenti sono inevitabili: qualche lavoro in meno, qualche condizione diversa.
Oltre alle conseguenze dirette, immediate sul mercato del lavoro femminile, emerge forte un pensiero più “antico”, quello più di fondo – culturale – del ruolo della donna nel mondo del lavoro e nella famiglia.
La situazione di lockdown che ha portato la scuola a casa per diverse settimane (e forse, speriamo di no, un cambiamento nella percezione scolastica futura) rischia di far traballare i parziali diritti delle donne già difficilmente raggiunti? Oppure la pandemia davvero è finalmente un’occasione per parlare di famiglia e genitorialità condivisa, sostegni incentivati per conciliare attività professionale e genitorialità?
Il lavoro femminile non è solo una questione di diritti delle donne. La volontà e il diritto delle donne di svolgere un’attività lavorativa economicamente e personalmente gratificante si sovrappone alla necessità di avere un doppio salario al fine di poter far fronte a tutte le spese. Inoltre, gli ambienti economici, la SECO e il Consiglio federale hanno esplicitato da tempo l’obiettivo di aumentare il lavoro femminile in Svizzera quale misura di sostegno all’economia nazionale.
Il doppio impegno casa-famiglia richiesto alle donne per poter crescere dei figli dovrebbe dunque a questo punto essere accompagnato da un superamento culturale dell’idea ancora dominante di organizzazione familiare tradizionale e modificare in tal senso le basi delle politiche familiari, sociali, e dell’attuale egemonia culturale nel mondo economico e del lavoro.