“Riformiamo la nostra scuola, facciamolo!”, “ +1000 posti di apprendistato, facciamolo!”, preceduti da affermazioni come “La scuola è nel nostro DNA”, sono gli slogan con i quali il PLRT sta conducendo l’assalto al Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS). Ma se è lecito in campagna elettorale proporsi come alternativa, sarebbe molto più elegante e corretto farlo senza “ingannare” gli elettori. È giusto ricordare al PLRT che: 1) ha avuto la possibilità d partecipare alla riforma della scuola media, trovando uno spazio privilegiato per sperimentare, oltre al progetto “La scuola che verrà”, anche una sua variante. La proposta PLRT, al pari del progetto del DECS, è stata bocciata dalla popolazione. Ma che l’eleganza non faccia parte del DNA del PLRT (o meglio dei suoi dirigenti attuali) lo si è visto subito dopo la proclamazione del risultato della votazione con un comunicato e un’intervista del Presidente PLRT, da cui è lecito interpretare come, forse, lo stesso PLRT abbia remato contro il proprio progetto. La scuola media attuale, peraltro, è il frutto di un lungo periodo di gestione liberale del DECS (da Buffi a Gendotti); 2) un discorso per certi versi analogo lo si può fare per i posti di apprendistato. Come ben si sa la formazione professionale prevede che l’elemento principale e determinante della formazione di base siano le Organizzazioni del mondo del lavoro (associazioni professionali, aziende, ecc.). Ora è noto come le organizzazioni cappello del mondo professionale in Ticino (AITI e Camera di commercio) siano dirette da persone in area liberale. Avessero avuto la possibilità di favorire la creazione di 1000 posti di apprendistato in più, sicuramente l’avrebbero già fatto, intervenendo direttamente nel loro campo di competenza. Aggiungo inoltre che, da sempre, la Divisione della formazione professionale è diretta da funzionari liberali (da Francesco Bertola, al compianto Vincenzo Nembrini, persona di immenso spessore, a Paolo Colombo, attuale direttore). Ciò significa che lo slogan è fuorviante e irrispettoso verso tutti quelli che, indipendentemente dal colore politico, si sono impegnati e continuano a farlo per una formazione professionale potenziata e da situare allo stesso livello della formazione generale (medio-superiore); 3) alla faccenda del gene “Scuola” nel DNA del PLRT ha già risposto egregiamente Manuele Bertoli, segnalando come sia stato lo stesso partito liberale a sostenere la rotazione dei dipartimenti, quando, da veri tuttologi, i suoi dirigenti mal digerivano la direzione pluridecennale del Dipartimento della sanità e della socialità da parte del Partito socialista. La rotazione c’è stata ma ora il PLRT vuol tornare a colonizzare l’ambiente scolastico.
Ecco il vero succo del problema. I dirigenti attuali del PLRT vogliono escludere dal Governo il Partito socialista, a costo di adottare stili di comunicazione che ricordano il milione di posti di lavoro di politici italiani, maestri nel fare figuracce. Mi consola il fatto che nel PLRT ci siano comunque anche voci discordanti rispetto alla dirigenza. Mi basta leggere gli articoli eccellenti di Andrea Ghiringhelli o i propositi di Diego Scacchi e Laura Sadis per trovare persone che fanno del pensiero democratico un cavallo di battaglia, piuttosto che un fastidioso concetto che ostacola le voglie di potere di alcuni, da conquistare anche ingannando la popolazione.
Tutto si gioca sul modello di società che contrappone la visione di questi “potenti” a quella di una sinistra democratica e attenta davvero ai bisogni della popolazione. Troppo facile parlare di volere maggiore responsabilità individuale, se alle persone in difficoltà non si danno i mezzi per assumersela. Troppo facile proporre un modello scolastico dove solo i bravi hanno delle possibilità di realizzazione, senza tener conto che il potenziale dei ragazzi non si misura con i soldi in tasca. Un aiuto concreto attraverso un miglioramento della fruizione degli aiuti allo studio, mettendo a disposizione più risorse così come proposto da deputati del Partito socialista (iniziativa parlamentare “Modifica della Legge sugli aiuti allo studio del 23 febbraio 2015 per garantire borse di studio più eque”), ma bloccato con la complicità liberale in Commissione scolastica per un puro calcolo elettorale, sarebbe un passo concreto che costituirebbe la valorizzazione del pensiero democratico e non sarebbe solo un insieme di vuote parole o di slogan. Bene ha scritto il 13 marzo Laura Riget su La Regione a proposito di aiuti artificiosamente bloccati (per poi magari sperare nell’occasione di fare proprio il risultato positivo). E bene ha anche scritto Manuele Bertoli sui risultati positivi del DECS in merito alla formazione professionale, alla faccia delle cassandre che si prestano (malamente) al gioco del PLRT. Il succo, comunque, è: se non è un’idea del PLRT, allora non va bene.
Vittorio Silacci, candidato PS al Gran Consiglio