di Gilbert Jorio
La situazione che sta vivendo il nostro Cantone non è nuova. Regolarmente situazioni simili hanno preso il là dalla fine di un periodo di benessere costruito su fattori più o meno effimeri che la maggioranza credeva immutabili. Il comun denominatore è sempre stato il denaro. Si è iniziato con la “svendita” delle Valli per poi ritrovarsi ad inveire contro i forestieri, si è continuato con le regie federali per poi ritrovarsi ad inveire contro la Berna-padrona, si è proseguito con lo sfruttamento lungo la fascia di confine del costo nettamente inferiore della benzina per poi ritrovarsi ad inveire contro le Regioni della fascia di confine per arrivare ai giorni nostri al rifiuto di lavorare in determinate professioni per poi ritrovarsi ad inveire contro “l’invasione” dei frontalieri. La lista è tutt’altro che esaustiva. Quello che constatiamo è che il Ticino da tempo, troppo tempo, si comporta come un bambino viziato cui tutto è dovuto per il semplice fatto di essere ticinese. Giudizio troppo severo? Non credo proprio. La situazione odierna è figlia di una mentalità secondo la quale basta la furbizia del momento per fare fortuna. Il massimo profitto con il minimo sforzo insomma. Ecco allora che i posti di lavoro in Ticino devono essere appannaggio dei Ticinesi, indipendentemente dal fatto che abbiano le qualifiche o meno e che il salario percepito permetta o meno di vivere dignitosamente in Ticino. Questa situazione si è inasprita ulteriormente nell’ultimo ventennio con la Lega a “viziare” buon numero di Ticinesi. Si proprio così, se è vero come vero che viziare significa “indurre volontariamente o involontariamente qualcuno, con metodi educativi troppo indulgenti o permissivi, a cattive abitudini, a comportamenti scorretti, a voler essere sempre accontentato” (vocabolario Treccani). Se a questo aggiungiamo il fatto che, per dirla con Oscar Wilde, “il vizio supremo è la superficialità”, ecco che il disastro è servito. Da venti anni a questa parte ogni domenica via Monte Boglia ci spiega che il problema non siamo noi, sono gli altri. A turno i frontalieri, gli stranieri, gli asilanti, la Berna-padrona, l’Europa dittatrice, gli Stati Uniti d’America imperialisti e chi più ne ha più ne metta. A me hanno insegnato che se c’è un problema che mi tocca, con ogni probabilità, poco o tanto non conta, per qualcosa c’entro anche io, una qualche responsabilità ce l’avrò pure anch’io. Ma naturalmente quando si accenna a qualche responsabilità di noi Ticinesi, del Ticino, ecco tutto un fiorire di scuse, giustificazioni e accuse ad altri. Proprio come usava dire Seneca, ossia “nullum est vitium sine patrocinio (non c’è vizio che non abbia scusa)”. Quanti treni pensiamo di perdere ancora noi Ticinesi? Fino a quando continueremo a pensare che è il resto del mondo a doversi adattare a noi? Quando pensiamo di prendere finalmente in mano il nostro destino guardando in faccia alla realtà? Sono solo alcune delle tante domande che mi pongo quando guardo alla desolante e sconcertante scena politica canton-ticinese. Intanto però constato come il numero di frontalieri attivi in Ticino in 20 anni è più che raddoppiato e non interessa più solo l’industria ma bensì anche il terziario (banche, fiduciarie, assicurazioni, ecc.).Constato pure come il tabù delle tasse e delle multe tutto d’un colpo è sparito e pur di far cassetta vanno bene anche loro. Constato come i posti in Consigli d’amministrazione degli enti parastatali, nella magistratura e nello Stato in generale, siano diventati molto appetibili e quindi terra di conquista del populismo nostrano. Constato pure come tutto d’un tratto siano svanite le certezze finanziarie di certa classe politica che fece fortuna, non da ultimo, anche grazie agli sgravi fiscali. Ma naturalmente avranno pronte chissà quante scuse da far bere alla popolazione ticinese, tanto per non smentirsi dando la colpa a chissà chi. La popolazione ticinese sarà disposta a bere ancora una volta tutto questo? O forse, finalmente, si risveglierà dal torpore in cui è finita e riuscirà a darsi una mossa per risollevare le sorti di questo Cantone prima che sia troppo tardi?
A parole tutti i partiti dicono che bisogna rimboccarsi le maniche, darsi da fare e impegnarsi per migliorare la situazione. Nella realtà però, a farla da padrone, è ancora e sempre la solita politichetta da paese che ha quale unico scopo quello di ottenere un qualche voto in più alle prossime elezioni cantonali. Intanto i votanti sono sempre meno, l’assenteismo aumenta regolarmente elezione dopo elezione. Ma niente, avanti tutta come sempre. L’impressione forte è che in fin dei conti, non poi tanto diversamente da quanto avviene nella vicina penisola, l’importante è sedere su qualche sedia importante, avere una parte del potere e poter usufruire dei dividendi che questa fetta di potere può dare a chi la detiene.
Noi ambiamo ad un Ticino che finalmente sappia quello che vuole, ma soprattutto che capisca finalmente che non si può continuare a lucrare sulle debolezze altrui. Ci impegniamo per un Ticino che vuole essere protagonista del proprio destino, che capisca per esempio che il territorio è una risorsa preziosa e che va salvaguardata, che il benessere non è qualcosa di fine a se stesso ma che va costruito con intelligenza giorno dopo giorno, che l’economia è importante e proprio per questo va orientata ai bisogni reali della nostra realtà e non sia solo ed unicamente dedita all’arricchimento immediato di qualcuno a scapito della collettività, che la socialità è una risorsa e non un problema. Insomma aspiriamo ad un Ticino serio, impegnato, operoso e che sappia investire sulle proprie risorse, sia territoriali, sia soprattutto umane.
Le iniziative che vanno in questo senso ci sono, pensiamo alla ricerca, alla biomedicina, al polo tecnologico. Ma questo non basta, bisogna impegnarsi a fondo affinché queste iniziative possano fiorire a favore della collettività. Qualcuno ha capito l’importanza di creare attività economiche con un elevato valore aggiunto, la politica però sembra non aver ancora recepito l’importanza di queste iniziative e continua a perdersi in sterili battaglie che poco o nulla possono permettere al Ticino e ai ticinesi di guardare al futuro con un certo ottimismo. Speriamo che questo cambi presto. Per far questo però le ticinesi e i ticinesi dovranno impegnarsi a fondo nell’immediato, senza di che anche queste iniziative sono destinate a restare fini a se stesse. E allora forza ticinesi, diamoci una mossa, rimbocchiamoci le maniche e prendiamo in mano il nostro destino. Solo così riusciremo a dare una svolta alla nostra realtà e potremo aspirare ad una vita migliore. Non da ultimo facciamolo per i nostri figli e i nostri nipoti, per i quali credo tutti noi vogliamo un mondo migliore.