L’opinione di Pietro Snider
pubblicato sul Corriere del Ticino di mercoledì 17 novembre
In Svizzera oggi mancano 6’200 infermiere e infermieri. L’invecchiamento della popolazione è dietro l’angolo. Entro il 2050 la Confederazione stima che ci sarà una persona ultra 65.enne per ogni due persone di età compresa tra i 20 e i 64 anni. Per rispondere a questi cambiamenti demografici e al conseguente aumento delle esigenze di cura serviranno almeno altre 40 mila infermiere e infermieri a livello nazionale già entro i prossimi 10 anni. Occorre dunque un’avanzata formativa, ma questa non basta.
Oggi oltre il 40% (!) del personale curante formato abbandona la professione, un terzo del quale dopo meno di 10 anni di attività professionale e prima dei 35 anni. Le principali cause di ciò sono il cronico sovraccarico di lavoro, condizioni quadro che rendono difficile fornire cure di qualità, conciliabilità pressoché inesistente tra lavoro e vita privata e un insufficiente riconoscimento sociale ed economico della professione, considerato l’elevato grado di formazione e di responsabilità richiesto.
Un tasso di abbandono professionale così elevato deve destare allarme ed esige una risposta politica. Se fossimo assetati nel deserto e quasi metà delle nostre preziosissime scorte d’acqua andassero perdute perché conservate in barili dal fondo bucato, ci occuperemmo della questione. A maggior ragione, se dovessimo aumentare le riserve complessive nei prossimi anni in vista di un prospettato aumento dei bisogni, non potremmo limitarci ad aggiungere acqua ai nostri barili, ma provvederemmo ad aggiustarli in modo che le attuali scorte e le nuove risorse immesse in futuro non vadano sperperate, ma rimangano all’interno del sistema il più a lungo possibile.
Allo stesso modo, per raggiungere l’obiettivo di aumentare considerevolmente il numero di personale curante attivo in Svizzera a medio-lungo termine, oltre alla formazione di nuove leve, occorre agire alla radice delle cause dell’abbandono della professione. Bisogna cioè assicurare alle infermiere e agli infermieri condizioni quadro lavorative che permettano loro di offrire cure di qualità, una buona conciliabilità lavoro-famiglia, opportunità di sviluppo professionale e salari commisurati all’importante carico di lavoro e all’elevato grado formativo e di responsabilità richiesti. Solo riconoscendo e valorizzando concretamente il prezioso lavoro di queste persone riusciremo a contrastare efficacemente il fenomeno dell’abbandono della professione infermieristica, evitare lo sperpero di conoscenze, tempo e denaro investiti nella formazione di persone che poi lasciano il sistema e incentivare la formazione di nuove leve che porteranno il loro contributo a lungo termine. Solo così riusciremo ad assicurare il raggiungimento dell’obiettivo finale di avere per tempo il personale formato necessario per rispondere debitamente ai bisogni della popolazione, fornendo cure di qualità a tutti coloro che le necessiteranno anche in futuro.
Formare più personale curante non basta. Ecco perché il prossimo 28 novembre vi invito a votare SÌ all’iniziativa popolare «Per cure infermieristiche forti».